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| Valentina Besana |

Paganella da urlo… Trentino da Sogno!

Trentino. Associazione di idee. Chiudete gli occhi. Mele, montagna, sci. Ancora un po’. Neve, canederli, famiglia, sauna nudi, vacanza d’inverno.
Un po’ meglio. Baita, strudel, tedeschi.


Chiudo gli occhi io? Un gran bel respiro. Provo a metterli in fila.
Blogger, Molveno, lago, caccia alla foto, segheria, pane allo speck, maialino glassato, strudel, trekking, corso di cucina, orsi, animali, miele, agriturismo, spalle bruciate, piedi cotti, pancia piena, parapendio, montagne… benessere.

Animali da fattoria – foto di Gianni Mezzadri

Dal 14 al 16 Giugno Beroad è stato invitato a partecipare al blog tour che si sarebbe svolto a Molveno, il nome, Paganella da Urlo, era già tutto un programma.

Panorama dalla bidonvia – foto di Gianni Mezzadri

La prima cena è cominciata alla grande: senza fare troppa strada ci siamo accomodati nel nuovo ristorante dell’Hotel du Lac, “La Dispensa”, un progetto nato recentemente da amicizia e da sogni e si sa, queste cose quando sono dettate dalla passione vengono sempre un po’ meglio.


La cucina è creativa, con sentori del territorio (i canederli quà e là, rivisitati e non, ci stanno sempre), il salmerino affumicato abbinato al pan brioche tiepido è una delizia per il palato e per l’olfatto, il raviolo di quaglia e la zuppa di porcini fanno la loro ottima figura non intaccando minimamente il livello generale.


Ma poi arriva lui, il maialino.

I vegetariani dovrebbero smettere di leggere le prossime righe perchè si, faró un’ode al maialino del Bleggio con salsa alla birra artigianale nonostante io non abbia mangiato maiale per mesi dopo averne visto le foto dell’uccisione e macellazione “come tradizione parmigiana vuole”.

Il maialino aveva la consistenza morbida, quasi cremosa, avvolto da una crosta croccante che mi ricordava la laccatura delle anatre a Pechino. Sul serio un pezzo di maiale puó dare tanta gioia? Oh, sì. Soprattutto quando a scegliere il vino con cui accompagnarlo è Liliana Zanellato, cuore della Dispensa e colonna di Paganelladaurlo. Ovviamente è sommellier.

Tutti a nanna, la mattina la sveglia è abbastanza presto, cominciamo a giocare verso le 8:30. Sì, giocare.
Sembra un po’ strano ma la prima mission della mattina è una specie di caccia al tesoro tecnologica: trovare un elenco di luoghi per Molveno, fotografarli su Instagram e registrarsi su Foursquare.

Mi fa ridere il pensiero di quando ero piccola e agli scout era una di quei giochi che adoravo.
Adesso, da adulta (?) farlo con un iPhone in mano è, come dire… strano!
Curioso scoprire quanto è limpida l’acqua e quanto ci tengono a tenere tutto alla perfezione. Giuro che ho visto una tipa che puliva l’erba con scopa e paletta. La scopa!

Io e Gianni abbiamo tenuto alto l’onore di BeRoad e… beh, siamo arrivati primi (ammetto non per merito mio perchè a stare al mio senso dell’orientamento saremmo ancora là a cercare i pedaló!).

E poi si parte, tutti sulla bidonvia a godersi in tutto relax il panorama di Molveno (guardare giù, in direzione lago, è davvero mozzafiato!) per poi mettersi le gambe in spalla per il trekking con Claudio, guida d’estate e maestro di sci d’inverno che, a quanto pare, conosce quelle montagne palmo a palmo ed è un mondo di curiositá e nozioni.


Poi, poche chiacchiere, c’è da scarpinare, il percorso che
dura circa un’ora e mezza è di media difficoltà (very hard se la media del movimento giornaliero che fai è la tratta dal frigorifero al divano e viceversa) anche perchè l’abbiamo fatta in modalità “sprint” per arrivare al rifugio Croz dell’Altissimo (1480 m e non sentirli!) ad un orario decente per il pranzo. Ci siamo arrivati. Assetati ed affamati.

 

L’espressione migliore comunque ce l’ha avuta la signora del rifugio quando 20 persone contemporaneamente le hanno chiesto dov’era una spina in cui poter ricaricare l’iPhone… “Io ve lo ricarico ma prima devo attaccare il generatore!”.

Che meraviglia esser lontano dalla civiltà!


Pranzo assolutamente tradizionale (canederli a gogo e gnocchi con i funghi di cui tutti abbiamo chiesto la ricetta) e vino ottimo ad annaffiare il tutto. Ed è quello che ci vuole. Si perché in un momento di follia ho deciso che quella x sul foglio di iscrizione che significava “parapendio” sarebbe diventata reale, un tuffo nel vuoto, un volo sopra il blu del lago e il verde delle montagne.
Da panico, da urlo.

Parapendio – foto di Gianni Mezzadri


La tensione che si prova prima di buttarsi, mentre sei lì, seduto ad aspettare su quella collinetta in discesa e ti viene da ridere per ogni cosa perché quella è l’unica maniera per stemperare il tutto… Beh, è difficile da descrivere.


I miei compagni di volo, Marta, Chiara, Chris, Andrea e Sara, erano lì con me e devo dire che li avrei comunque scelti.


Chiara è riuscita a farmi morire dal ridere quando le hanno proposto di volare con un ragazzo, che si sarebbe scoperto solo dopo essere il figlio del campione del mondo, e lei ha risposto “con quello?! No, quello ha 12 anni!”.

Risate, anche io però volo con Dario a cui faccio praticamente subito la domanda “da quanto tempo voli?”. “Beh, credo tu non fossi neanche nata! Dal 1978”, in effetti, come dicono i miei, non ero neanche pensata.

“Tu corri e se ti senti tirare all’indietro tu fai come se tirassi un carretto”. Come un’istruttore riesce a farla facile.

E poi c’è quel momento in cui fa quel rumore, è un istante, il suono di un sacco che si riempie d’aria e tu sei lì, in aria, i piedi sono lontani da terra e tu sei a 600 metri d’altezza e tutto è là sotto, piccolo e vedi le montagne da una prospettiva mai vista e il cuore non sai bene se ti scoppia o si ferma.
E ti ritrovi a volare facendo due chiacchiere, parlando di viaggi e poi realizzi che te la stai raccontando mentre hai il sedere sospeso per aria e tutto è gestito da una semplice vela.

“Vuoi provare ad usare i comandi?”. Il terrore nei miei occhi non si è visto dato che l’istruttore era seduto dietro di me, visto che sono affetta da perenne catastrofobia (domande idiote a ruota “e se starnutisco e d’istinto mi metto la mano davanti alla bocca e mollo i comandi? E se tiro una delle due leve troppo forte e si chiude tutto? E se tipo tiro qualcosa di sbagliato e mi sgancio e cado?”) ma l’unica cosa che mi esce effettivamente è “oh sì, certo”. Più veloce, più lenta, gira di qui, di là.

Ti senti onnipotente, è fantastico.

Ho riguardato il video, la mia faccia è a dir poco comica ma con un entusiasmo incontenibile. Devo montarlo in qualche maniera e metterci sotto una musichetta che copra i miei “iuuuhhu, iuppi… oooh! Ma è bellissimo!” e tutte le risatine del caso.


Dopo una mezz’oretta buona bisogna scendere (quando sei su, non hai proprio voglia di rimettere i piedi sulla terraferma, e io sono una che ha paura dell’aereo!): mi spiega come si fa e di primo acchito credo di aver capito “tirati giù dal seggiolino” Risposta “Nel senso che devo sganciarmi?” “No, assolutamente! Per l’amor di Dio, esci solo con le gambe più possibile per poter correre!”. Ah, ok.


Se ve lo state chiedendo, sì, quando sono caduta sono rotolata per terra, niente danni, solo una goffaggine naturale che spero nessuno abbia filmato.
Ho abbracciato Dario 10 volte per il volo (ammetto di essermi divertita a fare tutte le acrobazie!) e per avermi lasciato un ricordo che mi porterò dietro a vita.


Adrenalinica e rimbambita dalle emozioni provocate dal lanciarsi giù da un monte ho sbagliato pure il pulmino che mi doveva portare al corso di cucina (sono salita su quello che portava al downhill…
Proprio non è roba per me buttarmi da una montagna in bici) e così sono arrivata tardissimo e sono riuscita a incamerare solo il procedimento del salmerino marinato e dei canederli.
A proposito, quanti sanno che la farina nei canederli è più o meno come la criptonite per superman?
Io per esempio non lo sapevo! Esclusivamente pane secco, altrimenti le palline potrebbero diventare in men che non si dica dei fermacarte di dubbio gusto.


A proposito, ecco la ricetta: 1,5kg di pane raffermo (il top è quello del giorno prima) tagliato a cubetti di circa 1 cm (non siate fiscali, non cambia nulla!), ammollato con latte o brodo, aggiungere soffritto di aglio, cipolla, speck e salsiccia – o luganega -, prezzemolo, uova (2) e formaggio grana. Il rapporto dev’essere 1:3 tra pane e condimento (quindi per 1,5kg di pane mezzo kg di condimenti… Leggero!). Far bollire e condire a piacere. Alla fine quasi banale come ricetta, ma il risultato è fantastico. Provato!


Aperitivo sulla terrazza dell’hotel Ariston che guarda a un calmissimo lago, sorseggiando buon vino e spizzicando antipastini strani. Curioso abbinare a delle bollicine un pasticcino con una mousse di pesce (salmerino?) e sopra una specie di copertura gelatinosa – ma non gommosa – di pomodoro.


Due passi verso il centro e poi scendiamo al Filó, il ristorante in cui al pomeriggio si è tenuto il corso di cucina. Per fortuna non ci hanno fatto toccare nulla e la cena – che non ha nulla di tradizionale trentino – è davvero ottima, soprattutto il canederlo con lo speck dentro (che avevamo visto fare qualche ora prima) e gli antipasti di pesce che di sicuro non ti aspetti possano essere eccezionali in un posto tutto in legno arredato a tema quasi tirolese.


Per la cronaca, alla fine le bottiglie erano tutte vuote e il buffet delle verdure non l’ha preso in considerazione nessuno.


La mattina della domenica ci hanno gentilmente concesso un risveglio lento e dolce (la colazione all’Hotel du Lac è a dir poco abbondante… le torte perfette!) per poi portarci alla riserva faunistica di Spormaggiore, dove vivono linci, lupi, orsi e altri animali “banali” come gufi e tutti gli amici dell’aia. I primi – o sarebbe meglio dire le prime, visto che sono tutte femmine – sono le lupacchiotte.

Orso Cleo alla Riserva faunistica di Spormaggiore – foto di Gianni Mezzadri

 

Un lupo alla Riserva faunistica di Spormaggiore – foto di Gianni Mezzadri

La guida ci spiega la loro gerarchia nel branco, qual è quella che comanda e quale, invece, è l’ultima ruota del carro.

Istantaneamente si è scatenato l’istinto da crocerossina dentro ogni ragazza del blog tour e offerte di adozione per la povera lupacchiotta che mangia gli avanzi delle altre e deve sempre girare con la coda tra le gambe. Curiosi i nomi che gli erano stati dati dai bambini, visto che sembravano i nomi di tre stripper in incognito (Sissi, Luna e Vanessa sono un po’ discutibili come nomi da lupi feroci).


Oltre agli animali da fattoria (tra cui una cavia molto sensibile alle coccole) la grande protagonista del parco è Bel, l’orsa bruna che, ha quanto pare, ha più di 45 anni ed è la più vecchia d’Europa (la media è 25 anni… E’ chiaro che la trattano benissimo per campare così tanto!). Lei e gli altri “orsetti” dormicchiavano tranquilli nella loro oasi, senza notare troppo gli umani che continuavano a puntargli l’obbiettivo contro.


Visita al Castel Belfort che è stato risistemato e prossimo all’apertura e poi finalmente la tappa che aspettavo con trepidazione: il miele! Non so bene perché, ma ho una passione sfrenata per tutto quello che lo riguarda, nonostante le api mi terrorizzino quasi a livello dei ragni e dei serpenti. Il lavoro che fa Gualtiero è fantastico: a parte girare per l’Italia per produrre svariati tipi di miele il prodotto finale è grandioso. Anche perché ne abbiamo provati tantissimi.

Tarassaco e melo, melata di miele d’abete, rosmarino, girasole. Mi hanno dovuta estirpare da quel mix divino di profumato (quasi tutti sono profumati, quello di tarassaco e melo per esempio puzza di piedi, nonostante il gusto sia buonissimo) e dal far domande. Per esempio ho scoperto solo lì che il miele nel tè va messo quando si è già un po’ raffreddato e non quando l’acqua è ancora bollente perché si rovina…
E io che sono abituata a agglomerare tutto (miele e di regola manciate di biscotti!) quando ancora tutto è a temperatura lavica!

Ape operaia – foto di Gianni Mezzadri

 

Come raccogliere uno sciame d’api – foto di Gianni Mezzadri

Dopo questa mattinata soft siamo ancora a tavola (sul serio, abbiamo passato più tempo a tavola che in tutte le altre attività!) all’agriturismo “Il filo d’erba” a Fai della Paganella in cui la cucina trentina tradizionale ha predominato, con un gran finale di strudel che, ammettiamolo, mi mancava.

Due giorni pieni, intensi, in cui dopo un minimo di imbarazzo iniziale il gruppo si è amalgamato alla perfezione. Per quanto possa essere difficile mi sono innamorata più di prima del Trentino, delle sue montagne, del suo cibo e del suo vino raccontato in maniera eccelsa nelle parole di Liliana – che forse ho stressato un po’ parlando di vino – dell’essere in viaggio con persone che non devono essere trascinate ma che hanno lo sprint di viversi le avventure con la testa di chi ha capito il valore di quello che ha tra le mani.


Paganella da urlo, paganella da sogno. Per sognatori, per avventurieri.
Trovate tutte le foto di “Paganella da urlo” sulla pagina facebook di Be Road
 

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Valentina Besana

Mi chiamo Valentina Besana, adoro viaggiare con il mio compagno e i nostri due figli di 10 e 13 anni. Da quando siamo una famiglia sono sempre alla ricerca di mete kids friendly che amo condividere su questo blog.

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